Tra una settimana esatta, lunedì 5 luglio, la capitale della Georgia dovrebbe riempirsi di bandiere arcobaleno in occasione del secondo Pride di Tbilisi. Il condizionale è d’obbligo, purtroppo, poiché come da tradizione le manifestazioni per i diritti LGBT+ nel paese si scontrano con la resistenza (anche violenta) dei movimenti ultra-conservatori e la riluttanza del governo a garantire la sicurezza della comunità.
A fine maggio, i rappresentanti dell’organizzazione non-governativa Tbilisi Pride hanno annunciato lo svolgimento di una “Pride Week”: tra il 1 e il 5 luglio a Tbilisi si terranno la proiezione del film-documentario “March for Dignity”, dedicato agli eventi del Pride di Tbilisi del 2019, un festival all’aria aperta in cui si esibiranno artisti e musicisti queer, e infine la marcia vera e propria che si terrà il 5 luglio sul viale Rustaveli, nel centro di Tbilisi.
Secondo un recente rapporto sull’esclusione sociale pubblicato dal Social Justice Center (precedentemente EMC – Human Rights Education and Monitoring Centre), la vita della comunità LGBT+ georgiana è “sostanzialmente limitata in relazione a tutti i diritti umani”. Gli organizzatori del Pride invitano alla solidarietà in un contesto di crisi socio-economica, aggravata dalla pandemia, e chiedono che lo stato si impegni a combattere l’omofobia, ad investigare e perseguire i crimini di odio e a proteggere la libertà d’espressione di ogni cittadino, indipendentemente dall’orientamento sessuale e l’identità di genere.
Polemiche e minacce
Giovedì 17 giugno, durante un’intervista al canale televisivo Pirveli, Irakli Kobakhidze, segretario del partito di governo Sogno Georgiano, ha esortato gli organizzatori del Pride ad annullare l’evento. Secondo Kobakhidze, “visto il contesto, queste persone non dovrebbero essere autorizzate ad organizzare l’evento”. Kobakhidze non ha spiegato a quale “contesto” esattamente facesse riferimento, ma il contenuto e il tempismo della sua dichiarazione hanno sollevato molte perplessità.
Solo due giorni prima, l’imprenditore e leader del movimento (e futuro partito) ultra-nazionalista Unità, Essenza, Speranza (ERI) Levan Vasadze aveva infatti rivolto un ultimatum al governo chiedendo di cancellare il Pride, minacciando una possibile ‘escalation’ della situazione. Il 16 giugno, Vasadze ha annunciato la creazione di una “legione” con lo scopo di impedire lo svolgimento dell’evento. Le dichiarazioni di Kobakhidze dimostrano ancora una volta la riluttanza del partito di governo a prendere nettamente posizione in difesa dei diritti delle minoranze LGBT+ (per paura di perdere consensi tra l’elettorato conservatore e il sostegno della Chiesa ortodossa), nonché a condannare la violenza dell’estrema destra.
Il 16 maggio scorso, in occasione della Giornata internazionale contro l’omo-bi-transfobia, Tbilisi Pride aveva pubblicato un memorandum d’intesa, firmato da 15 tra i maggiori partiti “filo-occidentali” del paese, in cui questi si impegnavano “a lottare, con tutti i meccanismi a loro disponibili, per eliminare la discriminazione e la violenza nei confronti delle persone queer, proteggere la libertà di espressione e associazione di ogni cittadino, indipendentemente dall’orientamento sessuale e l’identità di genere, e impedire l’incitamento al conflitto sociale e l’uso del discorso di odio di natura omofoba nei processi politici”. Nonostante la natura più simbolica che concreta dell’iniziativa, il Sogno Georgiano non è tra i firmatari del memorandum.
Lunedì 28 giugno l’Intergruppo del Parlamento Europeo sui diritti LGBTI ha indirizzato una lettera aperta al Ministro degli Interni georgiano Vakhtang Gomelauri, in cui si invitano le autorità a “proteggere i manifestanti del Tbilisi Pride e a garantire che possano effettivamente fruire del loro diritto universale alla libertà di espressione e di riunione pacifica” – in linea con gli impegni presi dalla Georgia ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e dell’Accordo di Associazione con l’Unione europea.
Spazio pubblico e diritti LGBT in Georgia
In più di un’occasione, le manifestazioni organizzate dalla comunità LGBT+ georgiana in occasione della Giornata internazionale contro l’omo-bi-transfobia sono state caratterizzate da episodi di violenza (come nei traumatici eventi del 17 maggio 2013) o da forti limiti alla libertà di espressione. Dal 2014, la cosiddetta “Giornata della Purezza della Famiglia” dichiarata dalla Chiesa ortodossa georgiana ruba letteralmente la piazza (in questo caso, il viale Rustaveli) ai manifestanti queer nella giornata dedicata ai loro diritti.
A giugno 2019, un gruppo di attivisti aveva deciso di organizzare il primo Pride di Tbilisi (ne avevamo scritto qui). L’evento aveva avuto una grande risonanza mediatica e politica anche a livello internazionale, ma era stato offuscato prima dalle contro-proteste dei gruppi ultra-ortodossi e di estrema destra e poi dalle manifestazioni di massa esplose a Tbilisi la notte del 20 giugno. Una piccola manifestazione non autorizzata si era infine svolta l’8 luglio 2019 davanti alla sede del Ministero degli Interni georgiano. Lo scorso anno, la pandemia da covid-19 aveva impedito lo svolgimento di qualsiasi manifestazione per i diritti LGBT+.
All’interno della comunità di attivisti queer georgiani esistono però opinioni discordanti riguardo lo svolgimento di eventi di grande visibilità che mettono a rischio l’incolumità delle persone queer nello spazio pubblico, specialmente in un contesto in cui l’estrema destra fa leva sui conflitti sociali legati alle questioni LGBT+. Sia quest’anno che nel 2019 le organizzazioni LGBT+ georgiane Equality Movement e Women’s Initiatives Supporting Group hanno deciso di non partecipare al Pride, invocando la messa in atto di strategie alternative per la rivendicazione dei diritti delle persone queer nel paese.
29/06/2021